Dante Alighieri, la Divina Foresta
Purgatorio Canto XXXII - Fine Seconda Parte
Lettura, interpretazione ed analisi di Rino Mele
Dante condanna Clemente V, papa simoniaco, all'eterna pena da vivo (Inferno, canto XIX) . È il papa che, nel 1309, allontana da Roma la sede di Pietro e, grottescamente, rifonda il papato ad Avignone. Dante ne soffrì strazio inenarrabile e, ripetendo i ritmi dell'Apocalisse, ne farà un affresco di dolore nella seconda parte del canto XXXII del Purgatorio. Mostra la Chiesa distrutta e irriconoscibile e su di essa, a goderne i miseri privilegi, una Curia ignominiosa, prostituita a Filippo IV il Bello, re di Francia:
"Sicura, quasi rocca in alto monte, seder sovresso una puttana sciolta m'apparve".
Più tardi, dalla sua Valchiusa, Francesco Petrarca, dopo essersi allontanato dalla corte di Avignone - che paragona a Babilonia - scriverà un indimenticabile sonetto:
"De l'empia Babilonia, ond'è fuggita ogni vergogna, ond'ogni ben è fori, albergo di dolor, madre d'errori, son fuggito io per allungar la vita".