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Pietro Sessa

12 Lug 2016
Pubblicato in Personaggi illustri
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Nato a Fisciano il 4 luglio 1788 da Antonio e Carmela Sessa, fu educato dallo zio, don Ignazio Sessa, un prete "illuminato" del basso clero. Addottoratosi in Medicina, acquistò fama di medico valente e di studioso diligente. "Vaccinatore" del Comune di Fisciano, fu "lettore" di anatomia descrittiva alla facoltà di Medicina e membro della missione di Salerno per la vaccinazione antivaiolosa.

Il ricordo di Pietro Sessa è vivo però per la sua lotta politica e rivoluzionaria per la libertà che gli procurò comunque dolori e disillusioni, scarsissime gioie e la morte in carcere come un comune delinquente. Ancora giovane fu conquistato dai primi fermenti di Nazionalismo. La Carboneria salernitana aveva in quel tempo tre correnti: "La Croce Stellata" di cui era Gran Maestro Rosario Macchiaroli, "la Risorta dei buoni cugini" di cui era capo il grande dignitario Giuseppe Dongiovanni e "I Normanni" di cui capo indiscusso era proprio Pietro Sessa.

Con Nicola Lombardi, futuro dignitario carbonaro e Pasquale Lombardi, altri due illustri fiscianesi, Pietro Sessa fu tra i protagonisti della Gran Dieta Carbonara, tenuta a Salerno nel maggio del 1820. Anzi, toccò proprio a lui, dopo la Gran Dieta, recapitare in Avellino il Diploma ed il Proclama della insurrezione al generale Guglielmo Pepe, nobile figura di cospiratore e patriota, acclamato a comandare tutte le forze del Regno. Il 30 maggio Pietro Sessa guidò il popolo davanti al Palazzo dell'Intendente. Per le sue idee fu dichiarato "pubblico nemico" e additato alla "pubblica esecrazione". La sera del 25 marzo 1821 il popolo di Salerno lo accolse in modo trionfale; con i fratelli De Robertis di Giffoni innalzò a Largo Campo l'Albero della Libertà e con i suoi compagni stabilì di proclamare la Repubblica di Salerno.

Il 26 aprile fu arrestato e condotto in ceppi a Castel Capuano a Napoli e di lì poi fu trasferito nel carcere di S. Antonio a Salerno. La Gran Corte di Napoli aveva dichiarato la sua incompetenza ed aveva inviato gli atti alla Gran Corte Speciale di Salerno. Il 18 ottobre 1825 la sentenza fu di condanna a morte "col laccio sulle forche", mentre Nicola Lombardi veniva condannato all'ergastolo. Il re Ferdinando però accolse la richiesta della Regina, la quale, passando per il territorio del comune di Fisciano, aveva recepito le istanze della locale popolazione e commutò la pena capitale di Pietro Sessa in quella dell'ergastolo. Fu rinchiuso allora nel forte di S. Elmo dove morì a soli 40 anni nel 1828.

L'Amministrazione comunale ha voluto ricordarne la nobile ed eroica Figura di patriota intitolandogli una strada cittadina.