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L'abbazia di S. Maria delle Grazie in Penta

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E' un gioiello di arte e di fede. Una Pergamena a Montevergine del 1293, parla di Tommaso Sanseverino quale fondatore dell'Abbazia, in un suo palazzo, per il culto teocentrico dei Verginiani poi, Priorato, più tardi Convento dei Cappuccini intitolato a " Santa Maria del Monte progettato nel 1540 e fondato nel 1568 ricostruito e chiuso definitivamente al culto il 25 maggio 1811.

Nel 1809, infatti, per le leggi eversive, veniva chiuso il Convento, anche se per vero il Re di Napoli il 19 dicembre 1813, accogliendo la richiesta del Parroco e della popolazione di "Fisciano di sopra" autorizzò l'uso della Chiesa, della sacrestia e del Coro dell'ex Convento soppresso. A proposito della fondazione dell'Abbazia, si racconta che proprio intorno al 1135 San Guglielmo da Vercelli contrastato dai confratelli in Montevergine  si era recato dapprima in S. Eremita a Salerno e poi era venuto a"Penta. Incantato dal luogo, aveva chiesto al Conte di Marsico, di costruire un Convento sui ruderi di un tempio pagano. Il Conte dispose che ciò si facesse, e, come racconta lo storico Zigarelli, Enrico Sanseverino, qualche anno dopo, consegnò al Santo di Vercelli il Convento e la proprietà di quattordici piccoli fondi per il sostentamento.

Enrico Sanseverino, figlio di Ruggiero, aveva donato all'abate, il beato Alberto, i quattordici piccoli fondi per il sostentamento. Cinque anni dopo, nel 1140,  l'arcivescovo di Salerno donò la chiesa di San Andrea di Villa all'abate e Tommaso Sanseverino fece sì che i religiosi si trasferissero  da Villa a Penta perché intanto, Ruggiero aveva costruito sul suolo di un suo ex palazzo, la Chiesa in onore di Santa Maria delle Grazie e un monastero (per i sei religiosi che vennero da Villa). La donazione fu perfezionata con vari atti (ci fu anche una permuta) con i Verginiani di Paaula (proprietà Carrara e Mariscoli e tutto il casale divenne di proprietà dei Verginiani).
Il Convento era dotato di una Chiesa superba e stupenda, ricca di affreschi, con il Coro ad intaglio e un maestoso organo. Si arricchì di un ospedale, di una farmacia, di botteghe. All'interno un grandissimo Chiostro e accanto una Chiesa di una navata di 140 palmi, larga 40 e alta 90, crociera, cupola, due cappelloni, coro ed organo.A parte il soffitto con L'Apoteosi dell'Ordine Benedettino e San Guglielmo "una interpretazione personale della composizione scenografica e del perfezionamento tecnico dove ogni figura vive senza pathos il dramma della scena e il dipinto stesso vive ma senza teatralità", vi sono le Tele della Visitazione di Maria e Giuseppe a Santa Elisabetta e la Crocifissione con San Benedetto e San Guglielmo. La Cupola conserva gli affreschi dei quattro Evangelisti.  Sulla facciata esterna del campanile una lapide ricorda la creazione del Cenacolo di cui è traccia anche nell'Archivio di Montevergine e nelle Biblioteche di Roma, di Firenze e di Napoli.

Una Bolla di Papa Celestino III del 4 novembre 1197 conferma l'Abbazia tra i beni appartenenti a Montevergine "in tenimento di S. Severini". Il San Pietro è opera di Andrea Sabatirti, ordinata dal priore Antonio Angelo Saggese Magister Antonio Angelo de lo Sagisio. Il 14 ottobre 1305 l'Abate Guglielmo cede a Tommaso Sanseverino il Monastero di S. Lorenzo di Padula ed in cambio riceve due starze e due terre poste in casale di Penta. Nel 1594, il Convento, per decisione personale del Papa Paolo V, viene elevato ad Abbazia con il titolo di Santa Maria delle Grazie e fu Priorato. Nel 1596 priore è frà Santo Fascenda. Nel 1611 ebbe supremazia su diversi altri Priorati e nel 1629 avrà dipendente anche il Monastero di Salerno. Del 1663 una testimonianza dell'Abate Mastrullo "il Monastero della Penta era uno dei rinomati dell'Ordine ed aveva un ben vasto chiostro, con un'ampia pianta che sosteneva quattro dormitori; presso la porta maggiore era la Farmacia ed altre officine e nel lato destro un atrio che menava alla Chiesa (l'Immacolata) che si componeva di una navata della lunghezza di palmi 140, larga 40 e alta 90, con crociera, cupola e due cappelloni; al dorso dell'altare maggiore era il coro su cui sorgeva l'organo".
Albenzio De Auria fu il primo Abate eletto il 21 maggio 1612, e Marcello Maffei, eletto nel 1806, ne fu l'ultimo. Altri Abati: Marcello Angrisani (1642-1646), Gianluigi D'Auria (1646- 1649), 113 maggio 1700 è eletto Sebastiano Vassallo, poi Alfonso Ascolese, Ferdinando Rossi e Bernardo Siviglia (1736-1743).

Il mulino e la farmacia erano molto accorsati. Con deliberazione del 10 giugno 1653 le era stato assegnato anche l'Ospizio "La Canfora".
I principi che ispirarono l'Abbazia, erano essenzialmente ORA ET LABORA (lavorare con le proprie mani per procacciarsi il vitto ed il vestito per la carità ai bisognosi, nonché celebrare gli uffici divini); impiegare, cioè, il tempo utilmente, per essere di aiuto all'intera comunità. Rinunziare ai beni del mondo, amando e possedendo Dio, quindi distacco dalla terra per aderire a Dio.
Lo storico Donato Cosimato, in "Benedictina" - Studi in onore di Don Tommaso Leccisotti (II - 1973), ricorda che le lotte, anche interne però, non tardarono a scatenarsi e nel 1349 da Avignone, invocato da Pietro Ansalone, intervenne addirittura Papa Clemente VI per sollecitare "proteggendo l'elezione dell'Abate giacchè da mesi i monaci non riuscivano a mettersi d'accordo". La guerra si era scatenata anche in quel luogo sacro!
Nel 1430 l'Abate Palmenade dell'Anno, sempre per la litigiosità che urtava il mondo feudo-baronale, giacchè da ogni parte si lottava per avere una autonoma amministrazione, nonché per le drammatiche vicende che si succedettero (l'Abate era stato catturato e rinchiuso in prigione durante un ammutinamento contro il potere del Monastero), si fu costretti a cedere il Convento in Commenda al Cardinale Ugo di Lusingano. I valori dello Spirito avevano subito gravi deterioramenti!

Nel 1550 il Venerabile Fra Modesto Siniscalco ricorda in una lettera di avere, tra l'altro, consegnato a Fra Pietro D'Auria "una croce d'argento e otto calici, un incensiere con cucchiaio per l'incenso, tre piviali, tonache e "chianete", cuscini, tovaglie per l'altare, messali, oggetti di rame e gli arnesi da lavoro per i campi e i recipienti per contenere il vino".
Nel 1549 quel Convento aveva più o meno le seguenti rendite: centoventi "moja" di terre allodiali (La Starza, il Giardino, le Metodie di Gaiano, Piazza di Pandola, Arizza ecc.) pervenute per cessioni, per lasciti, per acquisti, aggiuntisi ai primitivi quattordici fondicciuoli che nel 1135 Enrico Sanseverino aveva donato a San Guglielmo molti di questi "averi" avevano già ingrossato però gli "averi personali" degli amministratori e fattori se è vero, come è vero, e Donato Cosimato ce lo ricorda nella preziosa opera succitata, Papa Clemente VI aveva minacciato di scomunica quanti si erano impossessati dei beni dei Verginiani di Penta.
Gli enfiteuti del tempo portano i nomi di Celentano, Nicodemo, Landi, D'Auria, Campanino, Sica, de Falco, Sessa, Sarno. Dopo le leggi eversive del 1809 che chiudeva definitivamente il Cenobio e l'Abbazia, fu venduto a Vincenzo d'Anna che trasformò il tutto in una villa signorile, successivamente acquistata dall'aristocratico inglese Lord Richard Keppel Craven, viaggiatore, pittore e autore di un apprezzato volume sul meridione che, trasferì la sua residenza da Napoli (Chiaia) a Penta. Demolita la cappella della Congrega, fece , costruire un importante acquedotto. Ma volle anche "un feudo senza tempo", con un giardino con piante uniche al mondo. Ospitò artisti che magnificarono anche in altri Stati la bellezza dei luoghi.

La proprietà fu poi rilevata ed acquistata dal Cav. Pietro Giovanardi che pensò anche a migliorare "il Giardino" con alberi unici, dal cedro del Libano, al Tasso (l'albero della morte), il Ginkgo Biloba (unica specie sopravvissuta), la macchia di bambù, l'ippocastano dai fiori rosa, il salice nero Ealix nigra) da cui i monaci verginiani estraevano l'acido acetilsalicilico (oggi usato nell'aspirina).
Il Ginkgo Biloba, originario della Cina, è pianta assai longeva, vive anche mille anni e forse è la più antica, presente già nella preistoria. Questa pianta lenisce i disturbi cerebrovascolari. Dalla pianta si ricavano, infatti i ginkgo-flavon-glicosidi, che possono migliorare alcune condizioni del microcircolo encefalico ("ginkgolide B").
La Chiesa dopo il 1807 diventò Parrocchia con il titolo di San Bartolomeo Apostolo e subì numerose trasformazioni. Il popolo di Penta in quella Chiesa onora San Rocco, suo Patrono e protettore di tutti i paesi dell'antico Stato di Sanseverino, al quale Santo, poi, nel 1736, nella piazza che porta il nome di Vittorio Emanuele, fu eretto un artistico Monumento.